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domenica 4 aprile 2010

Il mio ricordo di quel terribile 6 aprile 2009 ore 3.32

Mai avrei immaginato di trovarmi un giorno a raccontare l’esperienza più traumatica della mia vita. Siamo vicini al suo anniversario ed è per questo che ho deciso di narrare la mia disavventura vissuta insieme ai miei familiari.

Oramai laL__Aquila_Piazza_Duomo terra dove abitiamo non ha più stabilità ed è in continuo fermento. A tutt’oggi e ad un anno della sciagura non cessa ancora di tremare e di farsi udire con il suo penetrante boato, come a volerci ricordare che il suo male non è del tutto guarito ed insieme al suo anche il nostro.

Ricordo che la prima scossa che ci dette un preavviso di grande preoccupazione, arrivò verso le 23 e 40 di domenica 5 aprile..io e la mia  famiglia decidemmo così, di scendere e rimanemmo per parecchio a gironzolare per l’Aquila ma dopo due ore, ormai stanchi ed infreddoliti decidemmo di rientrare con la semplice convinzione che tanto se non accadeva qualcosa di terribile quella notte non era escluso che potesse succedere il giorno dopo mentre ci si riposava per la stanchezza della notte..E fu così che ci ritrovammo a vivere quell’evento con il terrore di non uscirne più vivi..

Ricordo che avevo perso tempo a mettermi a letto perché avevo voglia di trovare un appiglio che mi riuscisse a tranquillizzare e fu per questo che decisi di sedermi davanti al computer per cercare più notizie possibili al riguardo…ma la ricerca non ebbe buon esito..Ore 3.30 decido di spegnere il pc ed andare a letto..2 minuti di attesa affinché possa chiudere definitivamente l’interruttore ai piedi della scrivania e di colpo ecco che accadde l’impensabile. La prima sensazione terribile fu il buio profondo in cui piombai all’improvviso insieme alla totale incapacità di muovermi, sballottata com’ero in tutte le direzioni e con oggetti e mobili che mi cadevano addosso…la cosa più spaventosa che mi rimarrà come un incubo fu il rumore che accompagnò il tutto. Era un boato assordante simile ad un verso animalesco accompagnato ed amplificato da rumori che provenivano dalle altre stanze per via degli oggetti e mobili che continuavano a cadere. Mi resi subito conto di avere su di me il peso di una scarpiera che oltretutto si era abilmente incastra nella maniglia della porta impedendomi così l’accesso all’unica via di fuga che avevo…Urlai tanto a squarciagola e contemporaneamente sentii altre urla provenire al di là della porta..Il senso della fine fu subito chiaro dentro me ed è strano come la disperazione ti spinge a fare cose che in circostanze diverse e meno drammatiche mai penseresti di riuscire a fare…non so come, ma con l’aiuto di mio marito riuscii a liberarmi e ad arrivare in sala e poi dritta verso la porta della salvezza. La luce intanto non ancora tornava e la sensazione che il pavimento avesse potuto cedere in qualche punto mi rendeva ancora più titubante nell’avanzare..Decisi allora di tornare di nuovo nella cameretta del pc e a tentoni cercai i cassetti della scrivania e miracolosamente mi ritrovai con la torcia tra le mani..Intanto urlavo ai miei di non muoversi da dove si trovavano ed appena cominciai a vedere qualcosa ricordo che il sangue mi si gelò….tutto era in frantumi, gli oggetti a me più cari e perfino i termosifoni si erano divelti dal muro. Puntai la torcia verso i miei familiari e vidi le loro facce più terrorizzate della mia..Una frazione di secondi e poi urlai a loro di seguirmi per le scale con la speranza che ci fossero ancora…3 piani, ripetevo nella mia mente, 3 maledettissimi piani, erano tanti e sembrava di non arrivare mai verso la salvezza man mano che scendevamo, ma alla fine ci riuscimmo..eravamo finalmente in strada. Raggiungemmo la nostra auto anch’essa miracolosamente illesa e mentre ci allontanavamo ci imbattemmo nella più triste realtà..macerie e distruzione ovunque, odore fortissimo di gas e grida provenienti da ogni angolo di strada..Appena arrivati sulla statale mi ritrovai nel bel mezzo di uno scenario apocalittico: suoni assordanti e continui di sirene delle autoambulanze, mezzi dei vigili del fuoco, motori di elicotteri e camion che portavano soccorsi, strade in entrata verso L’Aquila bloccate, cellulari che non prendevano,gente in fuga verso destinazioni più sicure con macchine cariche di bagagli. Ma una cosa che non potevo credere era quella che i tantissimi fabbricati che avevano segnato con la loro solida presenza il mio quotidiano, non esistevano più e soprattutto era sparito il luogo che per tantissimi anni aveva nutrito tutta la mia famiglia: la nostra attività artigianale,unica fonte di guadagno. L’ho finito di capire non quando l’ho sentito raccontare da persone o alla radio, ma quando ho incominciato a vedere le immagini in TV e quando l’ho potuto constatare di persona.

Cosa tristissima, che mi annienta tutt’ora: il numero dei morti intanto cresceva di ora in ora. Qualcuno scrisse su un giornale nazionale che la città dell’Aquila era diventata la Pompei della montagna.

Ben presto ci rendemmo conto dell’inferno che si era scatenato intorno a noi e proprio per questo potevamo sicuramente considerarci dei fortunati sopravvissuti..

Per tanti non lo fu…308 morti fra cui alcuni amici e soprattutto giovani innocenti..Non è giusto mi ripetevo mentre nel frattempo i miei occhi si soffermavano a guardare con dolore le case sventrate e pericolanti e le altre facce dei sopravvissuti con gli sguardi terrorizzati ed allibiti dall’inconsapevolezza traumatica..
Oggi posso dire che tanto ci è stato dato e che non siamo mai rimasti soli. Tuttavia l’amarezza è tutt’ora enorme in tutti noi terremotati, anche perché avremmo tanto voluto che le autorità ci avessero aiutati di più nel prima terremoto che nel dopo, al fine di evitare lo spreco di vite umane.

Oggi l’Aquila appare come una ghost-city e la sua vitalità si è spenta, consci che non può ancora essere visibile ai nostri occhi che la bramano ardentemente. I mass media parlano di normalità ma scusate io non riesco proprio a vederla..tutto oramai è così mutato ed intorno percepisco solo staticità ed attesa di eventi nuovi che riportino fiducia e voglia di tornare a vivere normalmente. Una cosa però è certa ed è che niente sarà più come prima. Se ritorno con la mente a quella notte , la sensazione che mi ritrovo tutt’oggi è come se fossi stata dentro ad una bottiglia di spumante, agitata per tanto tempo e poi improvvisamente stappata senza alcun preavviso. Il primo botto è paragonabile alla tremenda scossa, mentre i suoi vortici di schiuma che prima schizzano dappertutto e poi si infrangono sulla fredda bottiglia riversandosi sul pavimento, rendendolo così appiccicoso e vischioso, li paragono alle scosse successive e alle conseguenti macerie che tutt’ora ci circondano.

L’Aquila però, nonostante tutto, è viva sotto le sue macerie ed io spero con tutto il cuore di vederla al più presto risorgere non come era una volta ma mille volte meglio. Questo è il mio augurio ma che son sicura rispecchia il desiderio ed il sogno di tutti gli aquilani che amano profondamente la propria città.

Sullo stemma della città, sull’immagine dell’aquila rapace, c’è una scritta che cita: immota manet.

Di sicuro questa volta la città si è mossa tanto e direi, pure troppo. Buona-Pasqua

Auguri l’Aquila e che la pace ti giunga da me insieme ad una serena Pasqua e ad una giusta e rapida resurrezione.

Maria Pia

2 commenti:

yuri948 ha detto...

ciao fede
leggere questo racconto fa rabbrividire
ti auguro una felice e serena pasqua

Pia ha detto...

Grazie Luciano una serena pasqua anche a te e famiglia...t.v.b.